Sogno

Mi ero ritrovato in una foresta che doveva essere nordeuropea, data la grande presenza di abeti. Sul fiume mi era comparsa una strana figura, che ad oggi non so ancora definire, un bambino, di etá tra gli otto e dieci, vestiva come se provenisse dagli anni quaranta, calzini alti bianchi, un pantaloncino blu forse troppo corto, una camicia chiara, ingrigita e una cintura usurata. Aveva il volto tumefatto, il sangue dalle labra rotte aveva lievemente sporcato la camicia. In un primo momento ho creduto parlasse un altra lingua e ricordo di avergli gridato per tre volte che non lo capivo. Poi una lingua di fuoco ad illuminargli il volto, la teneva tra le mani, ma non bruciava. “So cosa sei diventato, non devi aver paura di saperlo, tutti corriamo per anni nel fango come cavalli bendati e arrivati al traguardo dimentichiamo il tragitto”. Non capisco, e la mia bocca si muove, ma non riesco a parlare. Il bambino si bagna il capo, ed io intravedo mia madre tra gli alberi, oltre quella figura minuta. “Stai tranquillo, ho il segreto al sicuro, nessuno sa quello che sei, ma questo peccato lo sconterai non sapendo mai quello che sono gli altri”. Gli rispondo “non è un peccato, merito una protezione dal mondo”. Ora tiene quella lingua luminosa solo sulla mano destra e il suo volto si dipinge della rabbia di mio padre, mi porge un fazzoletto e mi dice “davvero credi di essere protetto, svegliati” il fuoco si spegne e il bambino tace. Continuo a gridargli con rabbia che una protezione me la merito, ma lui mi strattona un braccio, mi abbasso e lancia il pugno più doloroso che abbia mai ricevuto. Il sapore ferroso del sangue è l’ultima cosa che ricordo. Poi mi sono svegliato

armando

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